La leva obbligatoria in Svizzera

Gli ultimi avvenimenti che segnano una pericolosa recrudescenza della guerra persino nel Continente europeo riportano tristemente d’attualità il tema degli eserciti, delle forze militari, della leva. 

In molti paesi europei come ad esempio in Italia la leva obbligatoria è stata abolita. Si è deciso di perseguire la prospettiva di un esercito di professionisti.

In Svizzera, Paese neutrale, fuori dall’Unione Europea e dalla Nato, la leva è invece obbligatoria.  Proprio come accadeva in Italia qualche anno fa, tra il diciannovesimo anno di età e il trentesimo, tutti gli uomini (le donne si possono arruolare solo volontariamente) sono chiamati ad assolvere al reclutamento, due o tre giorni nel corso dei quali, è sostanzialmente verificata l’idoneità della recluta a svolgere l’addestramento militare.

Dal 1996 si può alternativamente optare per il servizio civile che tuttavia ha una durata di gran lunga superiore all’addestramento militare.  Si possono anche domandare quelli che in Italia chiamavamo rinvii per motivi di studio, di salute o familiari. Se dopo il venticinquesimo anno di età non si è ancora svolto il reclutamento si è esonerati ma soggetti al pagamento di una tassa.   In assenza di una motivazione per un rinvio, di un esonero o di obiezione di coscienza, dopo 3 o al massimo 12 mesi, comincia la scuola reclute. La durata è di 18 settimane per i più bassi in grado, più 6 corsi di ripetizione (della durata di 3 settimane ciascuno) da svolgersi nei 9 anni successivi. I giorni di addestramento di base dipendono però anche dal grado e dalla funzione militare (sono meno per i soldati di truppa e di più per gli ufficiali). I fucilieri assaltatori sono inoltre chiamati a una sessione di tiro obbligatoria all’anno. Trascorsi i 9 anni, a meno che non si abbiano gradi più elevati o si sia optato per la carriera militare, si è prosciolti dall’esercito.

Superbonus anche per gli italiani all’estero

Sottrarre il 110% di una somma spesa per interventi di efficientamento energetico, di riduzione del rischio sismico o di consolidamento di un’abitazione o di un edificio. È ciò che prevede il famoso “superbonus”.

La legge di bilancio 2022 ha confermato questa agevolazione (già contenuta nel decreto legge “rilancio” del 2020) che può essere utilizzata anche dagli italiani all’estero.

Per usufruire della detrazione al massimo del suo valore, ovvero al 110%, bisogna spendere la somma per l’intervento previsto entro il 31 dicembre del 2023. Poi la percentuale da detrarre scalerà prima al 70% poi al 65% per terminare nel 2025.

Si può anche optare per un’altra modalità di agevolazione. Uno sconto da domandare al momento della stipulazione del contratto con la ditta che svolgerà l’intervento o una cessione del credito all’impresa che realizzerà i lavori, ad una banca o ad una assicurazione. Questa seconda ipotesi di agevolezione è particolarmente interessante per gli italiani all’estero che hanno un reddito imponibile ma non sono soggetti a imposta dovuta (irpef).

Possono accedere al superbonus tutti i connazionali proprietari di immobili, persone fisiche, cooperative di abitazione e condomini.

Per quanto concerne gli interventi detraibili si deve distinguere tra quelli principali (isolamento termico sugli involucri, sostituzione degli impianti di climatizzazione invernale, interventi antisismici) e quelli aggiuntivi (efficientamento energetico, installazione di impianti solari fotovoltaici e sistemi di accumulo, infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici, eliminazione delle barriere architettoniche).

Senza porre in essere un intervento principale non si può, salvo alcune eccezioni che meritano un apposito approfondimento, accedere alla detrazione per interventi che ricadono nella categoria degli aggiuntivi.

Separarsi e divorziare in Svizzera

Non è così raro che cittadini italiani residenti all’estero uniti in matrimonio in Italia, in regime di comunione o di separazione dei beni, decidano di separarsi e successivamente di divorziare.

È utile sapere che le coppie iscritte all’AIRE possono decidere di adempiere alla legislazione del Paese estero nel quale convivono e risiedono oppure fare riferimento all’ordinamento italiano.

In altri termini, la procedura di separazione e di divorzio può essere inoltrata in Italia o in Svizzera e successivamente fatta riconoscere nel Paese di residenza o in quello di nascita.

Per divorziare in Svizzera bisogna rivolgersi al tribunale cantonale competente. La procedura è preceduta da un periodo di separazione che può essere “di fatto” o giudiziale.

Ci si può separare di fatto, interrompendo ad esempio la coabitazione, senza darne notizia ad alcun giudice. Ed è questa una differenza sostanziale con il sistema italiano.

Trascorsi due anni dall’inizio della separazione ci si può rivolgere ad un giudice per avviare le pratiche di divorzio.

La separazione giudiziale è invece accertata dall’autorità giuridica competente. Può avvenire formalizzando comunemente i vari punti (beni, patrimonio, figli, mantenimento del coniuge più debole economicamente e altri obblighi). O può avvenire su richiesta di un solo coniuge. In questo caso il giudice stabilisce diritti e doveri delle parti in causa.

La separazione naturalmente non fa cessare il matrimonio e anche in Svizzera è intesa come un allontanamento che può procedere la vera e propria fine del matrimonio.

Il processo che porta al divorzio è sancito da una sentenza. La sua durata dipende dall’accordo tra i coniugi. Se concordano il periodo è normalmente compreso tra i tre e i quattro mesi. Altrimenti può considerevolmente allungarsi.

I costi da sostenere tra pratiche amministrative e avvocati sono rilevanti. In diversi cantoni, davanti all’impossibilità di procedere per questioni economiche, è possibile richiedere allo Stato di pagare parte o gran parte dei costi.

Sono inoltre sempre più numerosi i progetti che all’interno delle amministrazioni cantonali e comunali accompagnano e affiancano le donne nel processo di separazione e di divorzio.

Soprattutto se stranieri il momento del divorzio può essere particolarmente delicato. Per questo è consigliabile rivolgersi a dei mediatori, siano essi presenti in associazioni o in sedi amministrative cantonali o comunali.

Riportiamo qui un opuscolo informativo di un centro antiviolenza zurighese, riconosciuto dal Cantone, che presenta in diverse lingue alcune possibili modalità di addivenire alla separazione e al divorzio.

Prima della scuola dell’obbligo

Esistono città d’Europa dove appena si è sicuri di aspettare una bambina o un bambino è necessario registrarsi presso l’ospedale o la clinica pediatrica dalla quale si vorrebbe essere seguiti fino alla nascita della piccola o del piccolo. Le città svizzere, per fortuna, non rientrano in questo gruppo sebbene, invece, per ciò che concerne l’inserimento del bebè in strutture per la prima infanzia è necessario agire senza indugio appena è possibile farlo, iscrivendosi nelle liste comunali per un posto presso gli asili nido.

Per molte famiglie, in primo luogo quelle composte da persone senza radici e parenti in Svizzera, quello dei primi anni di vita del nuovo nato, dopo il rientro a lavoro, è un nodo da dirimere. Sopratutto nei cantoni di lingua tedesca i costi per una soluzione sono alti. Ma in tutte le maggiori città svizzere ci sono delle liste di attesa e nei casi nei quali la mamma non lavora, ma vorrebbe entrare o rientrare nel mondo del lavoro, è quasi impossibile ottenere un posto in un asilo nido (che non sia totalmente privato e quindi con prezzi proibitivi per molti nuclei). 

Negli anni, per ovviare a questa carenza di asili nido, sono nate possibilità nuove. Una su tutte è la creche parentale, un asilo nel quale teoricamente dovrebbero essere i genitori stessi ad alternarsi per gestire i bambini in una sorta di comunità allargata di sostegno genitoriale; in realtà molto più spesso i genitori diventano associati di un asilo al quale contribuiscono con una retta calmierata calcolata sui lori redditi. Sono le cosiddette “creche” associative che ampliano la rete di posti a disposizione delle famiglie entrando nel sistema di sovvenzioni e finanziamenti locali, aderendo a standard qualitativi e riuscendo a coprire i costi e a pagare personale specializzato.

Proprio gli educatori della prima infanzia, che seguono una filiera di studi ad hoc, sono importantissimi per i primi anni di vita del bambino, periodo nel quale i bebè gettano le basi per la crescita futura. Si tratta di professionisti ben formati che svolgono una funzione sociale dirimente e che vanno ben retribuiti.

In molti casi tuttavia, sopratutto lì dove non sussistono le condizioni per un finanziamento pubblico, i costi per pagare personale specializzato risultano eccessivi. Per questo si ricorre a soluzioni tampone, assumendo persone che non sempre hanno la formazione richiesta.

Ciò è particolarmente vero nei cantoni di lingua tedesca, nei quali i prezzi degli asili nido sono anche significativamente maggiori dei prezzi degli asili della parte francofona della Svizzera dove in generale esistono maggiori possibilità di finanziamento per queste realtà e un coordinamento amministrativo territoriale che riesce in molti casi a mitigare le difficoltà di trovare un posto per i bimbi negli asili comunali (nella città dell’arco Lemano, dato il numero crescente di domande inevase, si sta cercando, già da qualche anno, di aumentare gli asili e le soluzioni per i più piccoli).

Un’altra possibilità, che è presa a prestito dalla tradizione ed è tuttora in voga in molte città d’Europa, è quello della “maman du jour”, di una persona accreditata, specializzata nella cura dei piccoli che accoglie in piccoli gruppi presso il proprio domicilio. Anche in questo caso i costi possono variare a seconda del reddito familiare e della possibilità delle diverse città di elargire sovvenzioni.

Certamente, come in ogni parte del mondo, la gestione dei primi di vita dei figli, anche lì dove non siano affidati a parenti e nonni, è connessa a una serie di questioni di vitale importanza per la società: l’equità di genere, il rispetto dei tempi di vita delle persone, la qualità e le possibilità dell’apprendimento dei bambini in anni cruciali per il loro sviluppo. 

Un primo sguardo sulla scuola in Svizzera

Sono sempre più numerose le persone che si trasferiscono all’estero con i figli. In Svizzera, che aderisce all’area Schengen, i cittadini europei possono accedere allo strumento del ricongiungimento familiare. 

Con esso si aprono una serie di domande sul presente e sul futuro dei bambini e del nucleo ricomposto.

La scelta della scuola, le differenze nel sistema scolastico, l’inserimento in un nuovo contesto di vita e di relazioni, la radice culturale e la lingua italiana che molti genitori desiderano che i figli conservino. 

Non è possibile in un solo articolo rispondere ai tanti dubbi e alle tante incertezze che possono emergere riguardo a questi importanti temi, di certo esistono diverse possibilità che schematicamente, promettendo di tornare sull’argomento di volta in volta, proveremo a mettere nero su bianco. 

Cominciamo a riassumere il sistema scolastico svizzero che, nonostante i tentativi di armonizzazione, presenta delle differenze da Cantone a Cantone. 

Possiamo in generale affermare che il ciclo scolastico obbligatorio vero e proprio comincia presto, tra i 4 e i 5 anni del bambino. Dura 11 anni ed è gratuito. 

Le “elementari”, che includono in alcuni Cantoni anche il ciclo precedente assimilabile alla scuola d’infanzia con uno o due anni obbligatori di “kinder garden” – “creche”, durano tra i sei e i sette anni.. La scuola pubblica è assegnata d’ufficio a seconda del quartiere di residenza e non si può cambiare a meno di eccezioni. Tra gli 11 e i 12 anni comincia un ciclo scolastico di tre anni detto scuola secondaria 1. Con la scuola secondaria di primo grado termina il ciclo scolastico obbligatorio. 

Successivamente subentra la formazione post-obbligatoria segnata per due terzi degli studenti dal cosiddetto sistema duale, perlopiù caratteristica dei paesi germanofoni. 

Il sistema duale, che concerne le carriere scolastiche avviate verso l’apprendimento di una professione, prevede un duplice impegno dello studente – apprendista. Una parte della sua formazione sarà in azienda o presso un altro luogo di lavoro (conseguirà per questo uno stipendio fino al termine del periodo di apprendistato). Un’altra, uno o due giorni per settimana, sarà presso una scuola di formazione professionale. 

Il sistema duale che per alcuni osservatori sarebbe un fiore all’occhiello del sistema scolastico svizzero, ed in parte effettivamente pare limitare molto la disoccupazione, presenta anche alcune imperfezioni. Non ci interessa qui entrare nel merito di discussioni dal carattere più politico sul senso di questa impostazione pragmatica per la società, restiamo invece sul piano del funzionamento dello strumento che non sempre risulta efficiente. 

Uno dei più limiti più evidenti nella messa in pratica di questo dispositivo è che i posti per l’apprendistato troppo spesso non soddisfano il numero di richieste degli studenti in formazione. Ciò accade sopratutto per i posti di apprendistato considerati più appetibili sul mercato del lavoro. 

Lo studente che non accede al posto di apprendista, in attesa di trovare ciò che corrisponde ai suoi desideri, dovrà attendere con il rischio di rinunciare agli studi. 

Torneremo anche su questo argomento nei prossimi articoli. Per completare il discorso ora accenniamo alle altre due formazioni secondarie di secondo grado in Svizzera. Quella liceale, o scuola di maturità, che dà accesso all’università e in esclusiva ai politecnici, e le scuole specializzate di maturità (quella del commercio ed altre di diverso indirizzo) che offrono un lasciapassare diretto sopratutto per alcune facoltà universitarie. 

Negli altri casi, per le maturità cosiddette professionali, è possibile giungere ai Politecnici attraverso un’integrazione di qualche anno o il superamento di prove di ingresso. Altrimenti è  possibile proseguire gli studi professionali anche nel terzo ciclo universitario accedendo alle scuole universitarie professionali.

Il quadro fin qui presentato è, come già affermato, schematico e non può riassumere le tante opportunità, anche di integrazione tra carriere di studio, introdotte più recentemente per rendere il sistema più flessibile ed egualitario. Si può ricorrere ad esempio alla cosiddetta “passerella” o “passerelle”, un esame complementare alla maturità specializzata o professionale che permette agli studenti di accedere agli studi universitari e alle alte scuole pedagogiche.

Prima di fermarci però vale la pena sottolineare come nel sistema scolastico svizzero non sempre sia prevista la possibilità di includere bambini e bambine disabili, autistici o con altre problematiche, persino di carattere comportamentale, nella scuola ordinaria. 

In molti cantoni si sta lavorando per colmare questo divario ma tanto resta ancora da fare, culturalmente e economicamente, per aumentare i posti disponibili in inclusione e in accompagnamento. In generale nella scuola svizzera non è raro anzi è considerato tuttora legittimo che vi siano forme di separazione tra studenti più o meno “capaci” di apprendere, con classi di recupero e classi specializzate all’interno dello stabilimento scolastico o con scuole specializzate poste al di fuori di esso. 

Per maggiori informazioni, in attesa degli approfondimenti che pubblicheremo sull’argomento, vi preghiamo di rivolgervi ai nostri uffici che saranno come al solito ben lieti di indirizzarvi per il meglio. 

Affitti ai massimi, la casa come problema

La Svizzera costa cara. Si tratta di una amara constatazione per molti cittadini provenienti dall’Italia, magari in occasione di un breve soggiorno di lavoro o di una visita ad amici e parenti. Ovviamente i prezzi e il costo della vita non crescono in modo uniforme su tutto il territorio elvetico ma certo ci sono beni e servizi che, anche in rapporto agli alti salari, appaiono sempre più fuori misura.

Si pensi agli affitti per la casa, in continuo aumento. L’ultima indagine dell’Istituto federale di statistica e di homegate, una famosa piattaforma specializzata in immobili, certificano questo stato di fatto.

Guardando agli annunci pubblicati più recentemente sul sito si nota un incremento dello 0,87% mensile su base nazionale, ma sono sopratutto le città a registrare una crescita spiacevole sia per i locatari che per le persone in cerca di una casa.

Negli ultimi tempi sono tante le persone che ci scrivono in merito alla casa. Come trovare un alloggio per organizzare la ricerca di un posto di lavoro per esempio? Le soluzioni non sono tante ma vale la pena esplorarle.

Una possibilità è quella di stabilirsi al confine svizzero, ricorrendo al trasporto pubblico con abbonamenti mensili o settimanali. Questa soluzione è chiaramente adatta solo per alcune città svizzere poste vicino al confine dell’UE. Basilea e Ginevra su tutte.

C’è poi la possibilità di ricorrere alla co-locazione. Ciò che in parte sottrae le persone da quella dura selezione, in base al reddito, per affittare un appartamento intero. Ricordiamo che normalmente per affittare in Svizzera è richiesto un salario netto di tre volte superiore all’affitto. Ciò non vuol dire che gli enti gestori del parco immobiliare o i proprietari, sempre più spesso grandi gruppi immobiliari, non possano richiedere quattro e più volte il salario familiare. Si pensi che Ubs, Credit Suisse ed altri gruppi bancari hanno in mano il 39% degli alloggi in Svizzera.

Non è un caso allora se sempre più diffusamente nascano progetti immobiliari di cooperativa. Nella parte germanofona queste nuove forme di abitazione si istallano su una tradizione cooperativa abbastanza diffusa. Ma sono ormai tante le cooperative d’abitazione anche nell’area romanda. Tuttavia le cooperative hanno dei tempi di attesa e richiedono un costo d’ingresso ovvero un capitale fisso da versare in cooperativa.

Per i nuovi arrivati, con un contratto o in cerca di lavoro, la soluzione più semplice sarebbe farsi ospitare per qualche tempo avendo già qualche conoscenza sul posto.

In questo senso la Svizzera, dato il costo elevato per residence, alberghi e ostelli, a differenza di altre località europee, resta più inaccessibile e legata a un andamento più tipico delle vecchie migrazioni. Andare nei luoghi dove già risiedono conoscenti, familiari o amici.