Prima della scuola dell’obbligo

Esistono città d’Europa dove appena si è sicuri di aspettare una bambina o un bambino è necessario registrarsi presso l’ospedale o la clinica pediatrica dalla quale si vorrebbe essere seguiti fino alla nascita della piccola o del piccolo. Le città svizzere, per fortuna, non rientrano in questo gruppo sebbene, invece, per ciò che concerne l’inserimento del bebè in strutture per la prima infanzia è necessario agire senza indugio appena è possibile farlo, iscrivendosi nelle liste comunali per un posto presso gli asili nido.

Per molte famiglie, in primo luogo quelle composte da persone senza radici e parenti in Svizzera, quello dei primi anni di vita del nuovo nato, dopo il rientro a lavoro, è un nodo da dirimere. Sopratutto nei cantoni di lingua tedesca i costi per una soluzione sono alti. Ma in tutte le maggiori città svizzere ci sono delle liste di attesa e nei casi nei quali la mamma non lavora, ma vorrebbe entrare o rientrare nel mondo del lavoro, è quasi impossibile ottenere un posto in un asilo nido (che non sia totalmente privato e quindi con prezzi proibitivi per molti nuclei). 

Negli anni, per ovviare a questa carenza di asili nido, sono nate possibilità nuove. Una su tutte è la creche parentale, un asilo nel quale teoricamente dovrebbero essere i genitori stessi ad alternarsi per gestire i bambini in una sorta di comunità allargata di sostegno genitoriale; in realtà molto più spesso i genitori diventano associati di un asilo al quale contribuiscono con una retta calmierata calcolata sui lori redditi. Sono le cosiddette “creche” associative che ampliano la rete di posti a disposizione delle famiglie entrando nel sistema di sovvenzioni e finanziamenti locali, aderendo a standard qualitativi e riuscendo a coprire i costi e a pagare personale specializzato.

Proprio gli educatori della prima infanzia, che seguono una filiera di studi ad hoc, sono importantissimi per i primi anni di vita del bambino, periodo nel quale i bebè gettano le basi per la crescita futura. Si tratta di professionisti ben formati che svolgono una funzione sociale dirimente e che vanno ben retribuiti.

In molti casi tuttavia, sopratutto lì dove non sussistono le condizioni per un finanziamento pubblico, i costi per pagare personale specializzato risultano eccessivi. Per questo si ricorre a soluzioni tampone, assumendo persone che non sempre hanno la formazione richiesta.

Ciò è particolarmente vero nei cantoni di lingua tedesca, nei quali i prezzi degli asili nido sono anche significativamente maggiori dei prezzi degli asili della parte francofona della Svizzera dove in generale esistono maggiori possibilità di finanziamento per queste realtà e un coordinamento amministrativo territoriale che riesce in molti casi a mitigare le difficoltà di trovare un posto per i bimbi negli asili comunali (nella città dell’arco Lemano, dato il numero crescente di domande inevase, si sta cercando, già da qualche anno, di aumentare gli asili e le soluzioni per i più piccoli).

Un’altra possibilità, che è presa a prestito dalla tradizione ed è tuttora in voga in molte città d’Europa, è quello della “maman du jour”, di una persona accreditata, specializzata nella cura dei piccoli che accoglie in piccoli gruppi presso il proprio domicilio. Anche in questo caso i costi possono variare a seconda del reddito familiare e della possibilità delle diverse città di elargire sovvenzioni.

Certamente, come in ogni parte del mondo, la gestione dei primi di vita dei figli, anche lì dove non siano affidati a parenti e nonni, è connessa a una serie di questioni di vitale importanza per la società: l’equità di genere, il rispetto dei tempi di vita delle persone, la qualità e le possibilità dell’apprendimento dei bambini in anni cruciali per il loro sviluppo. 

Un primo sguardo sulla scuola in Svizzera

Sono sempre più numerose le persone che si trasferiscono all’estero con i figli. In Svizzera, che aderisce all’area Schengen, i cittadini europei possono accedere allo strumento del ricongiungimento familiare. 

Con esso si aprono una serie di domande sul presente e sul futuro dei bambini e del nucleo ricomposto.

La scelta della scuola, le differenze nel sistema scolastico, l’inserimento in un nuovo contesto di vita e di relazioni, la radice culturale e la lingua italiana che molti genitori desiderano che i figli conservino. 

Non è possibile in un solo articolo rispondere ai tanti dubbi e alle tante incertezze che possono emergere riguardo a questi importanti temi, di certo esistono diverse possibilità che schematicamente, promettendo di tornare sull’argomento di volta in volta, proveremo a mettere nero su bianco. 

Cominciamo a riassumere il sistema scolastico svizzero che, nonostante i tentativi di armonizzazione, presenta delle differenze da Cantone a Cantone. 

Possiamo in generale affermare che il ciclo scolastico obbligatorio vero e proprio comincia presto, tra i 4 e i 5 anni del bambino. Dura 11 anni ed è gratuito. 

Le “elementari”, che includono in alcuni Cantoni anche il ciclo precedente assimilabile alla scuola d’infanzia con uno o due anni obbligatori di “kinder garden” – “creche”, durano tra i sei e i sette anni.. La scuola pubblica è assegnata d’ufficio a seconda del quartiere di residenza e non si può cambiare a meno di eccezioni. Tra gli 11 e i 12 anni comincia un ciclo scolastico di tre anni detto scuola secondaria 1. Con la scuola secondaria di primo grado termina il ciclo scolastico obbligatorio. 

Successivamente subentra la formazione post-obbligatoria segnata per due terzi degli studenti dal cosiddetto sistema duale, perlopiù caratteristica dei paesi germanofoni. 

Il sistema duale, che concerne le carriere scolastiche avviate verso l’apprendimento di una professione, prevede un duplice impegno dello studente – apprendista. Una parte della sua formazione sarà in azienda o presso un altro luogo di lavoro (conseguirà per questo uno stipendio fino al termine del periodo di apprendistato). Un’altra, uno o due giorni per settimana, sarà presso una scuola di formazione professionale. 

Il sistema duale che per alcuni osservatori sarebbe un fiore all’occhiello del sistema scolastico svizzero, ed in parte effettivamente pare limitare molto la disoccupazione, presenta anche alcune imperfezioni. Non ci interessa qui entrare nel merito di discussioni dal carattere più politico sul senso di questa impostazione pragmatica per la società, restiamo invece sul piano del funzionamento dello strumento che non sempre risulta efficiente. 

Uno dei più limiti più evidenti nella messa in pratica di questo dispositivo è che i posti per l’apprendistato troppo spesso non soddisfano il numero di richieste degli studenti in formazione. Ciò accade sopratutto per i posti di apprendistato considerati più appetibili sul mercato del lavoro. 

Lo studente che non accede al posto di apprendista, in attesa di trovare ciò che corrisponde ai suoi desideri, dovrà attendere con il rischio di rinunciare agli studi. 

Torneremo anche su questo argomento nei prossimi articoli. Per completare il discorso ora accenniamo alle altre due formazioni secondarie di secondo grado in Svizzera. Quella liceale, o scuola di maturità, che dà accesso all’università e in esclusiva ai politecnici, e le scuole specializzate di maturità (quella del commercio ed altre di diverso indirizzo) che offrono un lasciapassare diretto sopratutto per alcune facoltà universitarie. 

Negli altri casi, per le maturità cosiddette professionali, è possibile giungere ai Politecnici attraverso un’integrazione di qualche anno o il superamento di prove di ingresso. Altrimenti è  possibile proseguire gli studi professionali anche nel terzo ciclo universitario accedendo alle scuole universitarie professionali.

Il quadro fin qui presentato è, come già affermato, schematico e non può riassumere le tante opportunità, anche di integrazione tra carriere di studio, introdotte più recentemente per rendere il sistema più flessibile ed egualitario. Si può ricorrere ad esempio alla cosiddetta “passerella” o “passerelle”, un esame complementare alla maturità specializzata o professionale che permette agli studenti di accedere agli studi universitari e alle alte scuole pedagogiche.

Prima di fermarci però vale la pena sottolineare come nel sistema scolastico svizzero non sempre sia prevista la possibilità di includere bambini e bambine disabili, autistici o con altre problematiche, persino di carattere comportamentale, nella scuola ordinaria. 

In molti cantoni si sta lavorando per colmare questo divario ma tanto resta ancora da fare, culturalmente e economicamente, per aumentare i posti disponibili in inclusione e in accompagnamento. In generale nella scuola svizzera non è raro anzi è considerato tuttora legittimo che vi siano forme di separazione tra studenti più o meno “capaci” di apprendere, con classi di recupero e classi specializzate all’interno dello stabilimento scolastico o con scuole specializzate poste al di fuori di esso. 

Per maggiori informazioni, in attesa degli approfondimenti che pubblicheremo sull’argomento, vi preghiamo di rivolgervi ai nostri uffici che saranno come al solito ben lieti di indirizzarvi per il meglio. 

Partecipazione degli stranieri alla vita sociale e politica

Il diritto di voto a livello federale, dunque per l’elezione del Parlamento nazionale, è concesso solo alle persone che abbiano la cittadinanza elvetica. Uno straniero può acquisirla principalmente per matrimonio con una cittadina svizzera o dopo dieci anni di residenza (anche non del tutto continuativa).

L’ordinamento federale svizzero, e la forte autonomia dei Cantoni e dei comuni, prevede tuttavia delle notevoli differenze tra i territori elvetici. In alcuni Cantoni è concesso il voto agli stranieri a livello comunale dopo alcuni di residenza, dai 5 agli 8 anni, perlopiù senza la possibilità di essere eletti ma solo di essere rappresentati.

Per questa ragione negli anni, vista la composizione sociale della Svizzera che vede un numero molto importante di stranieri residenti, e dato il suo sistema politico imperniato sulla democrazia diretta, sono fiorite diverse iniziative referendarie per concedere il voto agli stranieri. Spesso sono state respinte.

Nonostante ciò, molti soggetti sociali e politici svizzeri continuano a incoraggiare l’iscrizione degli stranieri, a volte con percorsi e sezioni specifiche per favorire la loro partecipazione. In questo quadro i sindacati sono senza dubbio tra gli attori che più si spendono per consentire agli stranieri di prendere parte alla vita pubblica svizzera. Anche alcune associazioni solidali con gli immigrati in Svizzera lottano per questo diritto.  Vi invitiamo a prendere contatto con ITACA per maggiori informazioni e indirizzi utili.

Permessi di soggiorno

Per esercitare un’attività lucrativa in Svizzera o per trascorrervi oltre 90 giorni di permanenza è necessario fare richiesta di un permesso di soggiorno.

Possiamo distinguere 3 categorie principali di permessi:

  • Permesso di breve durata (meno di un anno);
  • Permesso di dimora (durata limitata);
  • Permesso di domicilio (durata illimitata).

Va ricordato che le autorità cantonali competenti hanno il diritto di rifiutare il rilascio o il rinnovo di un permesso di soggiorno nonché di revocare un permesso già rilasciato in caso di frode, di falsificazione di documenti oppure di matrimonio o adozioni di compiacenza.

Ai cittadini che non possiedono la cittadinanza svizzera o quella di uno Stato dell’UE/AELS (Unione Europea/ Associazione europea di libero scambio) si applicano condizioni di entrata diverse a seconda della cittadinanza, del motivo (turismo, visita, lavoro, studio, ricongiungimento familiare ecc.) e della durata del soggiorno.

Cittadini UE/AELS

 Attenzione!

I permessi B e C sono strettamente connessi allo svolgimento di un’attività lucrativa e quindi possono essere revocati o commutati in altri tipi di permesso se non vengono più a verificarsi i presupposti lavorativi.

Inoltre anche il verificarsi di altre condizioni (ricorso agli aiuti sociali per lungo tempo, ecc…) può comportare la revoca o la commutazione del permesso di soggiorno.

Ogni situazione può comunque essere valutata singolarmente, per questo motivo è sempre buona regola rivolgersi alle autorità cantonali preposte.

Cittadini di Stati terzi